Sull’importanza del lieto fine
Lo so che il tuo lato cinico è già stato solleticato dal sottotitolo. La vita è dura. Le principesse, i principi azzurri… inesistenti. La magia è per i bambini.

Quello che invece vorrei sottolineare oggi è appunto l’importanza del lieto fine. Walt Disney ne è stato (ed è) l’emblema, ma se prendiamo la stragrande maggioranza di film e libri che leggiamo, ci renderemo conto che narrano storie che vanno a finire bene. L’assassino viene catturato. Il cattivo di turno sconfitto. La coppia inizialmente male assortita diventa un’unione perfetta. La persona che vive in un contesto disagiato alla fine si afferma in un campo della vita.
La maestria che tutti (anche i più critici) hanno dovuto riconoscere al nostro Walt è stata l’abilità nel raccontare la storia giusta e di esaltarne il valore positivo. Ne “il Re Leone” Simba alla fine diventa Re, ma di cosa? Un terreno arido e senza vita. E lo fa perdendo suo padre e infine anche suo zio e molta parte del suo branco. Accettando di convivere per sempre con I suoi errori.
Eppure uscendo dal cinema non eravamo tristi, perchè tra il suo ruggito alla Rupe dei Re davanti a un paesaggio devastante e la fine c’è una nuova alba, una nuova vita, la savana rifiorita. In mezzo – anche se non lo vediamo – c’è il duro lavoro di un Re inesperto che eredita un deserto e lo fa germogliare di nuovo.
I lieto fine ci piacciono, ma soprattutto, ne abbiamo bisogno. Aggiungo anche: i lieto fine esistono nella vita reale.
Dipende solo a che punto mettiamo la parola fine alle nostre storie.
Una delle parole più in voga oggi nelle aziende e nei corsi di formazione è “storytelling”. Non basta più dire che cosa si sa fare, quali sono le caratteristiche tecniche del nostro prodotto o servizio, adesso per catturare l’attenzione e il cuore dei potenziali clienti bisogna raccontare loro (bene) una storia.
Il cuore dell’arte di raccontare storie, che fa parte della trasmissione della conoscenza fin dall’antichità, sta nel rendere più accessibili contenuti complessi e di coinvolgere la sfera emotiva oltre a quella razionale di chi ascolta.
La nostra sfera emotiva ha un potere enorme che potremmo aver sottovalutato. L’emozione arriva prima del pensiero e può contribuire a plasmare il pensiero stesso, perchè è strettamente collegata alle nostre percezioni. Pensa a questo: nel cuore della notte un rumore ti sveglia. È completamente buio e non riesci a vedere cosa ha originato il rumore. L’emozione della paura arriva prima del riconoscimento razionale dell’origine del rumore (un vicino di casa che ha sbattuto il portone entrando o uscendo) e attiva il sistema nervoso, accelerando I battiti cardiaci e mettendo in circolo l’adrenalina necessaria per scappare o nasconderci. Ma la stessa reazione può succedere quando il nostro responsabile in ufficio arriva urlando contro di noi o quando dobbiamo salire su un palco e fare un discorso davanti a una platea.
Le storie ci fanno vivere quelle emozioni, facendoci sentire parte di quel momento, anche se vissuto da un protagonista molto diverso da noi (come un leone della savana). E se sappiamo metterne in risalto la parte positiva, ciò che il protagonista ha imparato da ciò che gli è accaduto, come è riuscito nonostante tutte le avversità ad ottenere un risultato, l’impatto che le sue azioni hanno avuto sulle altre persone vicine, allora il nostro pensiero sarà plasmato da una visione positiva della vita.
“C’è ancora del buono qui”, “Ce la posso fare anche io”, “Voglio provare a fare come il protagonista”, queste saranno le frasi che riecheggeranno nella nostra testa.
Solo che, il più delle volte, i lieto fine ci passano accanto e non sappiamo neanche riconoscerli. Perché non ci fermiamo più a cercarli, catapultati come siamo nella prossima attività, nelle distrazioni date dal bombardamento di informazioni a cui siamo sottoposti. E in tutto quel correre e affannarci, ci fermiamo solo quando non ce la facciamo più, quando siamo stanchi e non vediamo nessuna luce in fondo al tunnel (e nemmeno più vediamo il tunnel): quale credete che siano i pensieri a quel punto? Positivi? Improbabile.
Prendersi del tempo per analizzare i successi ha un impatto motivante e ci spinge all’azione molto più che analizzare gli errori. Solo che a volte non sappiamo nemmeno più riconoscere i nostri successi!
Questo è la sfida che ti voglio proporre: ogni sera, prenditi 5 minuti per trovare un lieto fine alla tua giornata, qualcosa che hai imparato, un risultato raggiunto, e poi costruisci a ritroso la storia che ti ha portato lì. Imparerai a nutrirti delle giuste emozioni positive riguardo a te stesso, alla tua vita e alle tue relazioni… per vivere “per sempre (un po’ più) felice e contento”.