Oggi è lunedì, e questo è il primo post del mese, un mese di riacquisto di vecchie libertà e di integrazione di nuove. La scuola è finita, iniziano gli esami. Qualcuno pianifica le vacanze, qualcuno spera di poter far accedere i propri figli ai pochi centri estivi che si sono riusciti ad adeguare alle nuove norme. Qualcuno le vacanze non le vuole fare, perchè deve recuperare i mesi di chiusura forzata della propria attività.
Qualunque sia l’estate che verrà, sicuramente lasceremo quel “posto fisso” che abbiamo occupato durante la quarantena: il divano. E guardandolo, mi è venuta voglia di scrivere questo post, un po’ personale, che ha per protagonista il mio divano.
Non è un divano grande, di quelli con la penisola o con il supporto per stendere le gambe, è un divano semplice e compatto, l’unico che poteva starci nel mio salotto. Eppure è speciale: è il mio divano di fidanzamento.

Faccio qui una breve premessa: questo, come dicevo, è un post personale, che non ha intenzione di scardinare o svalutare qualsiasi tradizione legata al fidanzamento: però è una piccola riflessione che parte dal divano di fidanzamento per arrivare alla vita di coppia.
Quando ormai dodici anni fa iniziammo a parlare di matrimonio, io dissi al mio non-ancora marito che non volevo nessun anello di fidanzamento. Lui mi guardò un po’ stupito e mi chiese: “ma non vuoi nessun regalo?”
Senza neanche pensarci gli risposi: “Se proprio vuoi farmi un regalo, regalami un divano”.
La sua perplessità si mescolò alla curiosità.
“L’anello di fidanzamento “ continuai “è impari: perchè l’uomo lo deve regalare alla donna e non è uno scambio di anelli? Oltretutto, una volta sposati, avremo le nostre fedi, quindi a cosa serve un altro anello?” (premetto che sono stata io la prima a parlargli di matrimonio e ho saltato tutta la parte della dichiarazione in ginocchio, fiori ecc).
Per me, un divano simboleggiava meglio l’impegno che come coppia volevamo prenderci.
Il divano è innanzitutto accogliente per più di una persona. Mentre della bellezza dell’anello di fidanzamento avrei goduto principalmente io, il divano è minimo per due persone. O tre, o quattro… Il divano guarda avanti e intorno a noi. Accoglie chi c’è ora e accoglierà chi verrà dopo.
Stare seduti sul divano non è di per sè un gran che come attività, ma stando seduti sul divano si possono fare comodamente tante cose: guardare un film, leggere un libro, riposare, telefonare, giocare i videogames, lavorare col laptop sulle ginocchia (tipo me adesso!)… Il divano è un facilitatore. La nostra visione di coppia non è legata al fare tutto insieme, ma a far sì che ognuno trovi il suo spazio per fare ciò che lo/la appassiona, avere momenti di condivisione e momenti di solitudine, nonchè momenti di solitudine condivisa. Nessuno dei due si è mai sentito a disagio nello stare insieme, ad esempio seduti sul divano!, e fare cose diverse: uno che controlla le email e l’altra che guarda un film, uno che ascolta la musica e l’altra che legge… non perchè non ci piace condividere esperienze, ma perchè ognuno riconosce l’importanza di dar spazio alle individualità che non dipendono l’uno dall’altra ma scelgono di sostenersi e camminare insieme.
Infine il divano, rispetto a un anello d’oro, è un bene meno durevole, che va rinnovato, sistemato, a volte sostituito. Già nel suo primo decennio di vita il nostro divano è stato ricoperto, trasformato nei colori, e probabilmente in futuro – mio malgrado – andrà sostituito. Questa caratteristica del divano non simboleggia il fatto checredo che la vita della nostra coppia sarà breve, ma significa che noi come coppia non possiamo – e non dobbiamo credere di – essere sempre gli stessi. Perchè dal primo momento in cui abbiamo iniziato la nostra vita insieme ci siamo conosciuti, adattati, accolti, arrabbiati, risentiti, perdonati. Con l’arrivo dei figli poi abbiamo dovuto necessariamente rivedere i nostri spazi, allargare i nostri spazi, braccia e cuori.
Quando sento dire “lui/lei non è più quello di una volta”, io mi dico: meno male!
Siamo andati avanti, su un percorso nostro, non sempre lineare, un po’ tortuoso a volte, ma ne è valsa la pena. Sempre.
E così un ultimo sguardo al divano, disordinato, vissuto, “comodoso” (come dice mio figlio) e poi fuori, ad affrontare la cosiddetta “nuova normalità”, sicura che al mio ritorno lui sarà lì ad aspettarmi.